ANDREA CALESTANI – (Langhirano PR 1951) amante della fotografia.
A volte incautamente e severamente infatuato delle sue visioni, ammette di vivere la sua seconda vita fotografica. Suppergiù la prima ebbe inizio nel 1974, quando, poco più che ragazzetto, un giorno gli capitò casualmente di rilevare da un amico disinteressato una biottica formato 6×6. In vero, allo svezzo fotografico, già ci aveva pensato il suo babbo, una decina d’anni prima, quando gli mise in mano una KODAK INSTAMATIC50, per immortalare le indispensabili istantanee di famiglia. Ma fu con la 6×6 al collo, grippata tra le mani, e la testa china a ritagliare le inquadrature nel pozzetto, che quell’innamoramento si rivelò in tutta la sua forza.

Per un decennio visse il mondo magico e meraviglioso della fotografia analogica. Scatto, sviluppo, stampa: rigorosamente in bianco e nero. La sera, dopo lavoro, organizzava in proprio la sua rudimentale camera oscura nel bagno di casa. A seguire arrivarono le reflex e le diapositive Kodachrome64, per lo più a documentare reportage di viaggi alla “easy rider” attraverso mezza Europa. È del 1976 la sua prima tessera FIAF, e l’iscrizione al circolo “Cinefotoamatori Leonessa” di Brescia. Ma quella era un’epoca che i fotoamatori anziani vivevano ancora delle visioni di una fotografia pittorialista, intrisa di ostici tecnicismi. Che non si addiceva proprio al sentire dei moti estetici del suo animo. Andava cercando il contatto emozionale con le cose e le persone, le forme, i colori. Dentro la modernità di un’epoca (la seconda metà degli anni Settanta) peculiare di transizione e trasformazioni sociali e urbane dai forti connotati.

Mancò l’incontro con un maestro che desse metodo al suo fotografare autodidatta.  Nondimeno propose i suoi lavori nei circoli; in alcune collettive espose qualche incursione nel sociale ribollente a cavallo dei ’70-‘80. Esperienza, quest’ultima, presto abbandonata causa una brutale aggressione che subì (soprattutto la macchina fotografica) durante una manifestazione politica.

Poi l’interruzione. Causa il supposto mandato esclusivo, per alcuni lustri, a fotografare i suoi figli, le loro imprese, le gite di una nuova famiglia compiuta; e l’intrapresa della libera professione che non lasciò spazio alcuno per interessi non attinenti al lavoro. Pertanto, nonostante cuore e passione, la fotografia (per destino o per scelta – si ignora) non è stata la sua professione. Ora, con l’avvento della quiescenza, ecco che rincontra la sua cara, vecchia ed esigente, raddolcita amante. In questo ultimo lustro nel nuovo millennio sono circa una quindicina le mostre ed esposizioni, personali e collettive, a cui ha partecipato e organizzato. Workshop e contest con prestigiosi autori di fama internazionale della fotografia hanno ispirato stile e metodo: fashion, ritrattistica, paesaggio, street photography. Non un tema nel particolare, ma la fotografia intesa come cornice dell’espressione estetica di spazi e forme mentali.