Nella “cave” seminterrata gremita di illustri aspiranti sommelier si respirava un’aria pregna dei profumi dell’imminente vendemmia. Era il settembre del 2016 che volemmo celebrare la passione per il vino gironzolando per le vigne e gli Château del Bordeaux: St. Émilion, Margaux.
La degustazione ebbe inizio. Non che la platea, capii subito, fosse costituita da primari esperti. Spiccavano gl’immancabili orientali e un nordamericano dai capelli rossicci. Distribuirono i calici con un sorso di vino, e l’oratore invitò all’assaggio: «Cosa sentite di questo vino?» chiese al pubblico, già prono su fiuti ad occhi socchiusi o intento, ad ogni sorsetto, in aeree acrobazie a mandibole serrate.
Fu un’autentica stura di giudizi. Ne usci uno scoscendimento di terminologia enologica da far rabbrividire il più navigato dei sommelier: «… al naso sentore di frutti di bosco!» subito affermò uno in prima fila. «… leggero fondo speziato!» aggiunse un altro. «… colore rubino intenso!» si pronunciò un’affabile e compita signora con il calice proteso nel controluce. «… legno, tanto legno!” sentenziò un brillante signore brizzolato in doppiopetto. A tutti, il paziente “maître de cave” rispondeva sconsolato con la sua testa ciondolante da destra a sinistra in permanente negazione.
Non ricordo se al quinto o sesto giudizio più o meno consono, con gesto autorevole, zittì la platea. Prese un aspetto ispirato. Rificcò il naso nel bicchiere. Ne inalò un lungo respiro. Sorseggiò voluttuosamente. Quindi, spalancando gli occhi, e inarcando le sopracciglia, sentenziò: «JOIE!!» (la gioia).
Lì per lì, i saccenti si sentirono presi in giro. I qualunquisti superarono con “nonchalance” il breve momento di stupore. Io ne rimasi semplicemente folgorato: aveva ragione. Quello che emanava quel vino era effettivamente un senso di gioia. Nessuna particolare quintessenza enologica, ma solo un sentimento che scaturiva dal cuore, dal semplice piacere del gusto.